

Marocco ha quattordici anni, vive a Napoli, sua madre se n’è andata il giorno in cui sarebbero partiti per il mare dopo che il marito le ha impedito di lasciare andare a letto il figlio vestito con pinne e boccaglio, gioca a calcio ma lo appassiona di più leggere riviste che parlano di cose paranormali e Dylan Dog sopra i libri di scuola, spaccia con il suo migliore amico Lunno per comprarsi un motorino da dividere a metà, è il protagonista di Giovanissimi di Alessio Forgione, tutto dentro lo attraversa ma fuori non esce nulla. “Soprattutto, volevo dire che ogni persona è l’ulteriore possibilità di qualcunaltro. Non lo feci”.
E poi, s’innamora. Un vulcano, lava che scende, fluida, compatta, incandescente, travolgente. Quell’amore che fa uscire parole più forti della paura per tenere vicino chi desideriamo, quello dell’attrazione irresistibile del corpo, quello che ti fa ottenere con complicità il permesso di andare in vacanza in campeggio per raggiungere la tua ragazza anche se sei stato bocciato, che ti fa lasciare indietro per la prima volta il rione e tuo padre, che ti aiuta a non pensare che le cose ci vuole tanto per farle arrivare e poi finiscono in un attimo. Quello che si scontra a tutta velocità col sangue, quello vero della morte, che diventa perdita di ciò che abbandoniamo, educhiamo, seppelliamo crescendo. E come si fa a lasciare andare e tenere tutto insieme, quella lava dell’essere giovanissimi e quella diga del diventare adulti. (Testo tratto da A child crying 1967 per Il giro del giorno)